Bara Brith, un dolce perfetto per Natale
La cucina inglese non mi “prende”, colpa mia e colpa della mia antipatia nei confronti della lingua. Se con il francese mi esercito, leggendolo anche ad alta voce e cercando di parlarlo quando sono oltre confine, con l’inglese no, il mio cervello si spegne, va in letargo insomma non ci prova neanche a tradurre ciò che viene detto o che vede scritto.
Fino a qualche anno fa pensavo semplicemente di non essere portata per le lingue straniere, così in generale, poi però ho incontrato il francese e mi sono divertita ad approfondirlo a memorizzarlo e a tentare ogni volta che ne ho avuto l’occasione di parlarlo. Divertendomi anche a tirare qua e là degli sfromboloni… la voglia di giocare con l’inglese non mi viene, anzi. E la cucina ne risente perché non voler approfondire la lingua non mi appassiona alla cultura inglese ed è un vero peccato (soprattutto per me).
Ma questo dolce di tradizione gallese mi ha subito colpita, nonostante le sue origini ;) L’ho visto adatto alle feste natalizie, perfetto per finire nei pacchetti gourmet che sto meditando.
In effetti il Bara Brith è uno di quei dolci che se anche passa qualche giorno non perde in qualità anzi ne guadagna, amalgamando ancora meglio i suoi sapori e restando morbido grazie all’umidità della frutta disidratata.
La ricetta del Bara Brith l’ho trovata da Giulietta, con la quale mi sono consultata per limare un po’ le quantità di zucchero e frutta e una volta trovato l’equilibrio giusto, l’ho preparata e amata al primo morso. Ottima per me che a colazione mi bevo una tazza di the verde, di sicuro perfetta per una merenda pomeridiana.
Bara Brith
240 g di mirtilli rossi e uvetta sultanina
180 g zucchero integrale scuro
300 ml the forte bollente
250 g farina di farro
10 g di lievito per dolci
1 uovo grande
Mettete la frutta disidratata e lo zucchero in una terrina, versatevi sopra il the bollente, coprite e lasciate riposare per una notte (io anche qualche ora in più).
Pre-riscaldate il forno a 150°C. Rivestite uno stampo da plumcake con della carta da forno.
Unite nella terrina la farina e l’uovo sbattuto in precedenza, mescolate accuratamente, quindi versate nello stampo livellando la superficie.
Cuocete in forno già caldo per 90 minuti o fin quando la torta è ben lievitata e compatta al tatto. Uno stuzzicadenti inserito al centro della torta dovrà uscire pulito (il mio forno è “particolare” cuoce un po’ più velocemente, per me i tempi sono stati diversi 80 minuti scarsi).
Sfornate e lasciate raffreddare nello stampo per 10 minuti. Quindi sformate, togliete la carta da forno, e lasciate raffreddare completamente su una gratella.
Io sono veramente negata con le lingue eppure ci stiamo organizzando per andare a vivere all’estero! Però mi piacciono sfide quindi mente aperta e via libera! In cucina poi la sperimentazione è d’obbligo, specie per le ricette straniere. Poi quando la lingua è ostica la cucina ci viene in aiuto (anche i gesti in verità!)
Di necessità si fa virtù a andare a vivere all’estero deve essere un progetto molto stimolante anche se non si è portate per le lingue straniere! E dove vai di bello Arianna?
Ciao! Anch’io con le lingue sono un disastro,ma quando si tratta di ricette,quasi quasi non mi serve neppure il dizionario!!! Gran bella ricetta questa ,mi “toccherá” farla!
Io come te le ricette le capisco sempre… chissà perché?! (siamo entrambe golose!) ;)
Sarà che ho studiato francese a scuola, ma all’inizio avevo il tuo stesso approccio.
Ora però forse sento più mio l’inglese che il francese, proprio per le maggiori occasioni per parlarlo e scriverlo (certo, sempre a modo mio :-)). Ed ora ho capito anche il perché del titolo in francese del blog :-D
Però questa “scappatella” inglese non mi dispiace affatto :-)
Fabio
Se mi dici che fai anche i giochi di parole in inglese ti faccio un monumento!!!
L’inglese non riesco proprio a farmelo piacere, non mi incuriosisce per niente e sì che mi servirebbe mille volte di più del francese… E che ci posso fare?! Ciao Fabione :)
Non mi meraviglio che tu preferisca il francese alla lingua inglese.
La prima è dolce, musicale, oserei dire quasi romantica, la seconda è dura, fricativa, dentale.
Ora mi chiedo: una donna che scrive in modo così delicato, affabulante e coinvolgente, secondo voi, amici tutti, quale lingua può preferire???
Il dolce, poi, lo preparerò e ti farò sapere.
Francesco tu mi smascheri ogni volta ;)
Il francese mi somiglia di più, romantico e morbido ma, diciamecelo fra noi, l’inglese serve tanto di più… ma al cuor non si comanda… Se prepari questo dolce attendo un tuo giudizio, mi raccomando.
Finalmente oggi pomeriggio ho avuto un po’ di tempo ed ho preparato il tuo pane Bara Brith. L’ho sfornato e ho aspettato che si raffreddasse.
Tutti in famiglia lo guardavano con aria preoccupata, sia per la novità, sia perché temevano che non piacesse loro.
Ne ho tagliata una bella fetta e………..le papille si sono dilatate, il profumo mi ha inebriato e……….insomma in dieci minuti tutto il pane è stato consumato.
Tutti hanno cominciato con mollichine e poi sono passati alle fettone.
Ed io…………beh, ho confessato subito che il merito era solo ed assolutamente tuo.
Ti porgo quindi, non solo i miei complimenti, ma anche di tutti i miei familiari.
Cara Marina ora ci vuole: à bientot ( manca il circonflesso, ma sulla tastiera non c’è.
complimenti per la raffinatezza dele post,foto belle,chiare,ricetta da fare,buon pomeriggio
Grazie Paola :) buona serata
oibò entro pure io in questo bellissimo club di negazione linguistica.. pure io con il famoso magic english so zerooooo!
mamma miaaaaaaa… credo ci sia anche una questione di attitudine… come per ogni cosa… se ci sei portata vai, altrimenti arranchi e fai una fatica boia, con anche scarsi risultati.. porca peppa.. bene.. questa ricetta favolosa me tocca rifarla assolutamente fata l’assenza del burro, prerogativa della sister rompi balle un bel po’! :P ma di sicuro, dato che gliela do tagliata .. vuoi che qualche pessetto non me lo magno! eheheh…
ps: torta tutta orzo fatta,mangiata da sister e consorte e pure apprezzata! ;) grande mariiiiiii! o preferisci mary! ;)
baci baci baci…
ehm.. se qualcuno a qualche dritta di qualche ricetta con la lepre fate un fischietto che sono in cerca…! graçias …
Manu!
Scrivi pure il nome come vuoi cara Manu, la tua energia arriva in ogni caso ed è sempre super positiva :D
La devi assolutamente assaggiare questa torta inglese perché secondo me è del genere che ti può piacere…
Un grande abbraccio tesoro
PS: niente lepre da queste parti… stiamo a vedere se qualcuno risponde
Marinaaaaaaaa…io questo lo voglio fare subito!!!!!!! regalerò questo a tutti :))) Un bacio
Francy!!! Che bello sapere di averti colpita con questo dolce :)
Trovo anch’io sia un regalo perfetto e di quelli che, anche se preparati in anticipo, rimangono super buoni.
Un bacione a te
Io sono una spugna, anzi un pappagallo, ascolto e riproduco. Le lingue straniere, dopo cucina e vino, sono la mia grande passione! Ottimo questo dolce, energetico ma salutare, mi piace l’idea dell’ammollo nel thé!
Tu già sai come la penso! Ho adorato questo dolce, ma non avevo pensato di regalarlo a Natale. Meno male che ci sei tu :)
Un dolce simile l’ho fatto da un ricettario di Paul Young, un pane al te con il cioccolato al posto della frutta. Meraviglioso. In ogni caso io amo le lingue straniere.
Per necessità e per passione. Se potessi vorrei sempre migliorare quelle che conosco, e impararne altre, in particolare il portoghese che ha una musicalità meravigliosa.
Nessuna lingua mi dispiace, anche penso che chi è in grado di parlarne molte, abbia la chiave del mondo. La conoscenza delle lingue è anche uno strumento di pace e condivisione. Magari si potesse comunicare con facilità con il resto del mondo.
Ti abbraccio cara Marina, questo dolce è favoloso! A presto Pat
Sono assolutamente d’accordo con te cara Patty, chi parla diverse lingue ha le chiavi del mondo in mano… fondamentalmente la mia è tutta invidia nei confronti di chi capisce sempre cosa gli viene detto ;)
Comunque convieni con me che per qualcuno si tratta di attitudine, come per la musica.
Un abbraccio a te mia cara amica
Voglio provare questa ricetta al più presto. Posso sostituire un po’ di uvetta con gocce di cioccolato secondo te?
Ma credo proprio di sì, chiaramente non la metti a mollo con il the ;)
A pensarci mi sembra proprio un’ottima variante….
Marina, io aggiungo il nostro “pisto”, e per le grandi occasioni decoro con una spessa glassa di zuccheroe limone, per Natale ghirigorata con spirali di glassa color argento o oro, successo garantito… e complimenti davvero per l’eleganza del blog!
PS Ehm, sono un traduttore, posso starci lo stesso qui? :-)
Ma la gioia!!!! Certo che ci puoi stare, qui c’è spazio per tutti, tanto più che sono negata con le lingue e quindi sei la mia metà della mela ;)
Dicevo, la gioia, perchè ero molto in ansia al pensiero che i napoletani non apprezzassero questa versione e invece eccoti qua che mi regali anche un paio di dritte per rendere preziosi questi “biscotti”.
Grazie infinite Leonardo :D
Ehm, Marina, il mio commento era al bara brith, che io ho imparato a fare in Galles anni fa. Quando ho letto di biscotti, mi sono incuriosito. E mi sono chiesto come facessi a sapere che ero “napoletano”, anche se solo di adozione – lucano di nascita, madre e cuore, calabrese per parte di padre, salernitano negli anni dell’infanzia e dell’dolescenza, napoletano di studi all’Orientale, romano nella maturità professionale e ora torinese – e sono andato a vedere a cosa ti riferivi… i mostacciuoli! Da fare subito, anche se per me i “mustazzoli” sono quelli delle fiere delle estati calabresi dalla mia nonna paterna, duri come sassi di miele e cannella. E ora che ci penso… i roccocò! Quanti ne ho mangiati. E grazie anche di questa “madeleine”.
Ma che rimbambita! A deviarmi è stato il pisto, ingrediente principale per aromatizzare i mostaccioli e sono andata dritta dritta per la mia strada senza neanche guardare da dove arrivava il commento :)