Di domeniche fra amici e focacce genovesi

Focaccia genovese

Non credo di aver mai parlato dei miei amici “storici” da quando ho aperto questo angolo di cucina sul web. Difficile riassumere un’amicizia che  dura da più di vent’anni tra alti e bassi. Ne abbiamo viste tante insieme, alcune belle altre meno, ma abbiamo cercato di esserci tutti nei momenti importanti. Oggi siamo cresciuti, alcuni hanno formato la loro famiglia altri no ma per fortuna questo non ci tiene lontani.

Abbiamo frequentato tutti la stessa scuola, in cinque nella stessa classe, tranne una. Ci conosciamo bene, avevamo 14 anni quando ci siamo seduti sui banchi: cinque anni di scuola superiore, la prima vacanza all’estero (eravamo in quattro in realtà), i primi amori e le prime disperazioni, poi la scelta di cosa fare da grandi ci ha separati sulla carta. E’ bastato aspettare un po’, prendere confidenza con la nuova vita che ci vedeva in qualche caso ancora studenti mentre gli altri avevano iniziato a lavorare. Come per magia, con un po’ di musica a tutto volume in sottofondo ci siamo ritrovati a ballare nella stessa pista, e tutto è tornato ad essere come sempre.

E poi sono arrivati i grandi progetti: la casa, la famiglia che si ingrandisce, la scelta di cambiare la propria vita completamente, sempre vicini, sempre in ascolto gli uni degli altri. Non credo di avergli mai detto quanto mi senta fortunata ad averli intorno, sono un pezzetto di me da cui non posso pensare di separarmi.

Domenica pranzo

Come non mi potrei separare mai dai loro figli che vedo crescere a vista d’occhio e che fanno di me una pseudo zia mooolto orgogliosa :D E proprio per loro ho pensato di preparare la focaccia genovese di Alessandra, per una grigliata domenicale in giardino. Ho raddoppiato le dosi visto che eravamo in tanti ed è stata decisamente apprezzata  da tutti, grandi compresi.

La tarte maison

Una domenica come tante, senza niente di speciale se non la compagnia reciproca. Tante chiacchiere, molte risate, incantati dai piccoli e dai loro caratteri in formazione che per me sono sempre fonte di sorpresa e divertimento.

La ricetta la copio incollo così come ce l’ha regalata Alessandra, unica modifica che apporterei, a mio modestissimo parere, è la quantità di olio extra vergine nella salamoia. Io ne metterei un po’ di più, tanto ormai il peccato è fatto!

Focaccia genovese1

Focaccia genovese

  • 250 g di farina 00
  • 250 g di farina 0
  • dai 280 ai 320 ml di acqua
  • 1 cucchiaino di malto
  • dai 10 ai 15 g di lievito di birra fresco
  • 2 cucchiai d’olio extravergine
  • 10 g di sale fino

Salamoia:

  • 2 cucchiai di olio extravergine (io 4/5 cucchiai)
  • mezzo bicchiere d’acqua (circa 50 ml)
  • una piccola manciata di sale grosso

(per una teglia 30×40) Attivate il lievito in poca acqua tiepida, in cui avrete fatto sciogliere un cucchiaino di malto: coprite e fate riposare in luogo tiepido, fino a quando sulla superficie si formeranno le caratteristiche increspature.
Setacciate la farina sulla spianatoia, aggiungete il lievito sciolto nell’acqua ed iniziate ad impastare, unendo gli altri liquidi: la variazione della quantità di acqua here dipende dal potere di assorbimento della farina, che è sempre una variabile. Però, per esperienza, più la pasta è idratata, più la focaccia è buona.
Fate così: iniziate impastando tutta la farina con 250 ml di acqua (compresa quella dove avete fatto sciogliere il lievito) e l’olio: quando avrete ottenuto un impasto liscio, aggiungete la restante acqua poco alla volta, continuando ad impastare. Con un po’ di pratica, vi accorgerete al tatto quando il vostro impasto sarà idratato al punto giusto: tenete comunque presente che i 280 ml indicati sono una quantità ragionevole, per un impasto soffice.
Il sale fino va nell’impasto: potete metterlo all’inizio della lavorazione, badando a che non entri in contatto diretto col lievito, durante oppure alla fine. L’importante è che non ve lo dimentichiate, perchè anche se la superficie è cosparsa d sale grosso, la pasta deve essere comunque sapida
Fate lievitare in una terrina, coperto, per un’ora. dopodichè, versate l’impasto direttamente nella teglia, unta con abbondante olio extravergine. Non usate il mattarello, ma spianate l’impasto con la punta delle dita, stirandolo per allargarlo. Non preoccupatevi se questo non vi obbedirà al primo colpo e tenderà a restringersi: sono gli scherzi della maglia glutinica… Lasciate riposare qualche minuto, poi riprendete, sempre lavorando coi polpastrelli.
Alla fine, lasciate lievitare fino al raddoppio. Accendete il forno a 230 °C, modalità statica e preparatevi a fare gli ombrisalli o gli oeuggi, vale a dire i caratteristici buchini, nei quali si depositeranno l’olio, l’acqua e il sale, determinando quelle “chiazze” bianche e un po’ gelatinose che contraddistinguono la nostra focaccia. I veri fornai vanno giù decisi, usando non la punta delle dita, ma la seconda falange: lavorano “di taglio”, cioè, non dal basso verso l’alto come comunemente si crede e come facevo anch’io. Il motivo è che in questo modo si creano buchi più profondi, senza il rischio che si rompa l’impasto: ovvio che se usate la forza di venti braccia probabilmente ammaccate anche la teglia, ma ci siamo capiti.
Ed ora, il discorso salamoia: fino a pochi anni fa, annegavo la focaccia nell’acqua e la facevo cuocere lì dentro. Il forno era consenziente, ottenevo un risultato soddisfacente, eravamo tutti contenti. Poi, all’improvviso, il mio forno ha iniziato a cuocere diversamente-e io ho iniziato a capire cosa intendevano dire le mie amiche, quando lamentavano che l’acqua non si fosse asciugata e la parte inferiore della focaccia fosse rimasta molliccia. Da qui, ho ridotto notevolmente le dosi della salamoia: faccio i buchi, verso un bel po’ di sale grosso, aggiungo mezzo bicchiere d’acqua a temperatura ambiente, irroro con abbondante olio (sempre extravergine, sempre di ottima qualità) e poi inforno, a forno caldissimo (230°C, il mio) per 15- 20 minuti. Sempre nel mio forno, verso la fine della cottura devo girare la teglia, per avere una coloritura uniforme in superficie, ma questa è l’unica eventualità che vi si potrebbe presentare: quando è pronta, è così:

A questo punto: lasciatela raffreddare pochi secondi, poi staccatela dal fondo, sollevandola con l’aiuto di un coltello. Usatelo come leva, non per tagliare o, peggio, per raschiare: se avete unto bene la teglia, la focaccia dovrebbe sollevarsi senza problemi. Tagliatela a pezzi e consumatela subito o comunque nel giro della giornata. Altrimenti, è meglio congelarla, nei sacchetti per il freezer: noi la facciamo scongelare a temperatura ambiente e poi la scaldiamo nel tostapane, meglio che nel forno.

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12 thoughts on “Di domeniche fra amici e focacce genovesi”

  1. Gi amici veri, virtuali o reali, sono cosa preziosa, da maneggiare con cura e da amare con dedizione assoluta. Ti sollevano la vita e la fanno volare. Buona anche la focaccia DOC

  2. Bellissime queste amicizie che continuano dai banchi di scuola. Io ne ho una che dura ormai da circa 25 anni e quindi ti capisco. Quando ci si conosce così bene, a volte non c’è bisogno di dire qualcosa per capirsi. Quei giorni vissuti assieme per 5 o più anni cementano proprio il legame.
    Ela focaccia no avrà fatto altro che rinsaldare ancora di più questo rapporto.

    Fabio

    1. E’ vero Fabio, non servono parole con certi amici. Siamo amici di Cemento…si potrebbe fare come si fa con le nozze, che dici?! Nozze d’oro e amici di cemento :D

  3. e ti invidio un po’, ci credi? detto da una che si fa chiamare Van Pelt, su Fb, per il terrore di essere intercettata da compagni di scuola, nei confronti dei quali hai dovuto sudare sette camicie, per far perdere le tue tracce. All’epoca, non vedevo l’ora, di liberarmi di loro- e ora che l’età smussa gli spigoli (immaginati cos’ero, da ragazza) resta il grande rimpianto per non aver riconosciuto i germi dell’amicizia vera, laddove potevano crescere ed essersi inutilmente accanita con rami secchi.
    mi consola il pensiero che la focaccia di mio nonno abbia potuto rendere un po’ più speciale questo incontro. Grazie per averla provata e per aver permesso ad una ricetta del mio cuore di diventare uno strumento per trasmettere affetto. Corro a linkarti nel blog, ciao!

    1. Van Pelt non credere… anch’io all’epoca ho lasciato le scuole superiori e fatto sparire le mie tracce. Di 27 che eravamo nel mio giro siamo rimasti in 5. Poi però a distanza di tempo ti rendi conto che su alcuni aspetti potevo essere più “leggera” e meno impulsiva. Quando mi è ricapitato di incontrare vecchi amici o compagni di scuola l’emozione è stata grande e sempre piacevole. Si cresce si cambia e si smussano gli angoli ;)
      Grazie a te per avermi regalato una ricetta che farò e rifarò mille volte, di quelle che piacciono a me e che hanno un ingrediente prezioso: l’essenza di famiglia.
      Un abbraccio

  4. È bello che gli amici storici dei tuoi 14 anni siano ancora lì con te, nonostante gli alti e i bassi, e le inevitabili differenze che la vita mette in mezzo.
    Tanti amici li ho già persi per strada, ma quando mi guardo intorno quei pochi che si contano sulle dita di una mano si fanno bastare (e anche quelli, per me, risalgono a scuole medie e superiori, rarissimi all’università), anche se l’amico più importante credo sia alla fine quello con cui sceglie di dividere la vita, gioia e dolori inclusi nel pacchetto.

    Hai scelto benissimo per la focaccia: fa felici grandi e piccini e secondo me si merita il titolo di collante sociale. Se poi è quella del nonno della Van Pelt, allora si va sul sicuro (e ora lo dico con certezza, che c’ho le prove pure io)

    Un abbraccio

    1. Giulia cara, come darti torto?! Del mio vicino di vita non parlo quasi mai perché se io sono un po’ orsa lui lo è all’ennesima potenza ;)
      Fondiamo un club: la focaccia Van Pelt!

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